Lo spettacolo

Svelarsi

un progetto a cura di Silvia Gallerano

produzione Teatro di Dioniso



regia di Silvia Gallerano 

di e con Giulia Aleandri, Elvira Berarducci, Smeralda Capizzi, Benedetta Cassio, Livia De Luca, Chantal Gori, Giulia Pietrozzini, Silvia Gallerano con il contributo di Serena Dibiase e la voce di Greta Marzano

allestimento luci Camila Chiozza

consulenza costumi Emanuela Dall’Aglio

cura del progetto Nicoletta Scrivo

una produzione Teatro di Dioniso, direzione artistica Michela Cescon

in collaborazione con PAV nell’ambito di Fabulamundi Playwriting Europe, direzione Claudia Di Giacomo e Roberta Scaglione e Frida Kahlo Productions

con il contributo del MiC – Ministero della Cultura, Regione Lazio e Roma Capitale

in collaborazione con SIAE- Società Italiana degli Autori ed Editori

si ringraziano per il supporto e l’ospitalità ATCL per Spazio Rossellini, Lottounico, Fortezza Est e Fivizzano27



Svelarsi è uno spettacolo / laboratorio / esperimento / serata / happening / sabba / pigiama party / assemblea... qualcosa di indefinito e indefinibile, un momento di condivisione e di riflessione piuttosto allegro su temi come il femminismo, l'umiliazione, la rivalsa, il senso di colpa, l'autodeterminazione. 

É una serata per sole donne (cis, trans, non binarie), che genera parecchie risate e una smodata sorellanza. Il tutto a partire dai nostri corpi nudi.



Solo corpi femminili: è questo l’esperimento. 


Si tratta di una chiamata. Risponde chi la sente. Non è per tutti. È per chi ha voglia di incontrarci. Non ci mostriamo come animali di uno zoo. Accogliamo chi è interessata a rispecchiarsi. 


Ci sono parole. Tante. Che coprono, che proteggono i corpi. E poi ci sono i corpi. Così come li guardiamo allo specchio quando ci svegliamo. Prima di camuffarli per camminare in mezzo agli altri. Sai quando si dice: immagina una persona che ti fa paura mentre è nuda. Per smontarla. Per vedere che è composta dagli stessi pezzi che compongono te. Ecco, noi ci spogliamo proprio. I nostri pezzi li mostriamo tutti.


E come i nostri corpi mostrati a pezzi, così si presenta il lavoro. Una composizione di quadri, fatti di immagini e parole. Una successione di tappe, per arrivare ad assemblare i giusti pezzi, per trovargli collocazione.  Per trovargli visione.


Svelarsi non è uno spettacolo e basta. 

Potremmo definirlo una miccia: un evento che accende delle curiosità, delle domande, una visione che interroga.

Potremmo definirlo un pretesto: una scusa per trovarsi in una platea separata e osservare l’effetto che ci fa.

A noi piace chiamarlo esperienza o laboratorio, perché non si tratta di un oggetto artistico chiuso che si ripete, ma di un dispositivo laboratoriale nel quale accogliamo ogni sera donne insieme alle quali viviamo un’esperienza sempre diversa.

Lo spettacolo, se vogliamo chiamarlo così, è la risultante dell’incontro sempre nuovo tra chi è sul palco e chi è in platea e accade ogni sera in quella zona fluttuante nella quale i corpi delle spettatrici si rispecchiano in quelli delle interpreti. 


Dal 2022 incontriamo platee di sole donne in teatri di varie città. Condividiamo il nostro lavoro, al quale le spettatrici prendono, se vogliono, parte. E dopo lo spettacolo parliamo di quello che abbiamo vissuto insieme. E ogni volta ci stupiamo delle migliaia di riflessioni che si generano, delle parole che le altre donne ci dicono. 


In scena portiamo le nostre esperienze, i vissuti dei nostri corpi di donna. Dalle umiliazioni subite e autoinflitte per essere come ci dicono che dobbiamo essere, dai modelli che ci stanno stretti, dalle limitazioni che ci impongono, all’ironia e alla liberazione che scaturiscono quando ci permettiamo di esprimere tutto il nostro potenziale. 


Nella prima parte della serata invitiamo a entrare nello spazio abitato dai nostri corpi svelati le donne e offriamo loro il nostro lavoro. Nella seconda parte apriamo un tempo di dialogo, uno scambio sulle sensazioni e i pensieri generati dall’evento-spettacolo. Si tratta di una chiacchierata aperta, in cui tutte possono intervenire, raccontando la propria percezione dell’evento e ponendo domande alle altre partecipanti.


Ci piace invitare non solo singole individue ma anche gruppi, associazioni, realtà che incontrano nella loro quotidianità i temi che trattiamo: l’oggettivazione dei corpi e la loro liberazione, il patriarcato dentro e fuori di noi, la potenza dell’unione, la solidarietà e la ribellione.


Quello che desideriamo è che le donne che partecipano a Svelarsi si portino a casa una sensazione di sorellanza e di potenza. E la diffondano.


Come se il bacino fosse molto più grande dell’isola che emerge e si mostra.




Lo spettacolo



Mi sento invasa dai consigli non richiesti

dal mio bisogno di sembrare sempre dignitosa

dai libri sul mio comodino.

Mi sento invasa dagli insetti

dalle cimici dalle ciglia indebolite

dai capelli, prodotti per capelli, capelli nel letto, per terra, capelli bianchi.

Mi sento invasa dall’elettricità

dalla luce e la luce al neon bianca dei negozi

dal riscaldamento a schiaffo quando ci entri

dalla termodinamica

dal produci consuma produci consuma produci consuma.

Mi sento invasa dalla dipendenza dall’erba che non mi fa ricordare i sogni al mattino

dai mezzi pubblici la notte quando ci sono solo maschi a bordo

da mia madre che ancora mi sbuccia la frutta.


Ora io vi sembro piccola. Vi ingannate. Fra poco porterò 53 di piede. Le mie cosce misureranno 2 metri di diametro. I capelli cresceranno spessi come crini di cavallo. Gli occhi saranno talmente grandi che nelle orbite non ci staranno. Le mani, poi, saranno gigantesche e quando ne alzerò una per grattarmi la testa, scapperete via, terrorizzati. Sarò enorme (…) Non vi sembrerò più piccola. Sarò sconfinata.


Il nostro lavoro è un’altalena tra questi stati: un senso di invasione, una mancanza di spazio, una compressione, da una parte. La potenza, lo strabordare, la risata travolgente, dall’altra.

La cultura patriarcale che ancora ci circonda ci insegna sin da piccole a limitare i nostri desideri di potenza, ad accettare invasioni di campo da parte dell’altro sesso (dove il campo è il nostro corpo), a farci in disparte e per senso di costrizione spesso a esplodere. 


Quando siamo insieme, riconoscendosi le une negli occhi delle altre, ritroviamo la forza per occupare lo spazio che ci spetta.


Partiamo da vissuti diversi che hanno una nota comune: di umiliazione, di mutilazione, di invisibilità. Messi insieme, tutti questi vissuti, si mostrano per quel che sono: semplici soprusi, spesso meschini. Ne vediamo i contorni tragicomici, impariamo a riderci su e a rispondere con una potenza che non è stata sopita.


Il lavoro di scrittura è un lavoro condiviso: ogni attrice ha scritto con le parole o con il proprio corpo la sua presenza in questo lavoro. La scrittura non è solo di parole, anzi, soprattutto di corpi. Le parole a volte sono gli inganni, il rumore dell’abituale: i corpi rivelano la vera essenza, il discorso non articolato ma presente. 


La condivisione di questi momenti di svelamento - dei nostri corpi, dei nostri fallimenti, della nostra rabbia e delle nostre risate - genera per empatia lo stesso atto di liberazione.


Anche per questo il pubblico a cui ci rivolgiamo è un pubblico di donne (cis, trans e non binarie). Abbiamo già sperimentato che il fatto di trovarci tra donne crea una relazione tra scena e platea che permette a chi si trova in entrambe le posizioni di sentirsi libera di esprimersi al massimo, come interprete e come fruitrice. Non si tratta solo di creare uno spazio sicuro per chi è sul palco, ma anche di permettere a chi guarda di sentire il proprio corpo risuonare più profondamente con quello che vede, nudo, in scena.




L’assemblea


A group of people sitting in a circle

Description automatically generated© Fondazione Musica per Roma - Pasqualini MUSA


Ogni sera, alla fine dello spettacolo, parliamo con le spettatrici, di come sono state, dell'effetto che gli ha fatto essere tra sole donne, di tutto quello che abbiamo voglia di condividere. 

Questa serata è un’inchiesta. Le prime volte che abbiamo mostrato il lavoro a una platea di sole donne, tutte ci hanno detto che si erano sentite molto libere a non avere uomini accanto a loro, che se ci fosse stato un marito o un fratello avrebbero reagito in un altro modo, meno spontaneo. Ci siamo chieste allora: perché? 

Ogni sera incontriamo sole donne e dopo lo spettacolo chiediamo loro come sono state. Stiamo raccogliendo le loro parole e ragionando insieme su questa sensazione di forte libertà e potenza che scaturisce da una serata come questa.

Le parole raccolte si trovano qui, sul nostro blog.

Eccone alcune.

Sono stata benissimo.

Mi avete fatto ridere e sentire leggera. In un attimo in quella platea sembrava ci conoscessimo tutte… brave. Abbiamo bisogno di questo.

Io ho cominciato a piangere dal momento che siete entrate tutte nude a ballare all’inizio ma senza sapere perché.

A me ha sorpreso, ne parlavamo con la mia amica, che eravamo davvero tutte donne, anche i tecnici donne, vigili del fuoco donne. Ho detto no, non è possibile. È assurdo, ed è una cosa incredibile!

Quello che mi è piaciuto molto stasera era che i vostri corpi erano solo corpi, che fossimo tutte donne ha tolto quello sguardo sessualizzante.

Sono venuta con due amiche che erano abbastanza scettiche. Una delle due torna domani sera con la madre.

Io esco con la gioia, sono proprio felice.

All'inizio sembravate poche, sembravate una; alla fine eravate tantissime, il palco si è come riempito di tantissime donne.

Non mi era mai capitato di stare solo tra donne. Ho provato una grande intimità. Potentissimo.

E' stato come vedersi allo specchio.

Ho provato un grande senso di libertà.

E' bello vedere che insieme si supera la competizione tra donne. 

È un rito. Il fatto di essere tutte donne fa parte dell’esperienza. Viviamo tutte insieme un rito. 

Grazie per avermi dato il coraggio di sentirmi libera.

È incredibile la sensazione di cambiamento che ho sentito crescere in me minuto dopo minuto durante lo spettacolo. L’imbarazzo e lo shock iniziale rimpiazzati da un senso di appartenenza e solidarietà unico. Risate, lacrime, rabbia, empatia… tutto in così poco tempo.

Il problema è che io non ho più voglia di uscire da qua.

 

Le attrici/autrici







Silvia Gallerano

“Straordinaria, sublime e da strapparti la pelle di dosso” (The Guardian) Silvia Gallerano vince (prima attrice italiana) il premio The Stage 2012 for Acting Excellence per l’interpretazione de La Merda. “Una assoluta scoperta per il cinema” secondo Marco Giusti a Stracult (Rai2), per la sua interpretazione di Betta in Riccardo va all’inferno di Roberta Torre, la Gallerano lavora in molti altri film tra cui Ride di Valerio Mastandrea e Nome di donna di Marco Tullio Giordana, oltre che nella serie prodotta da Sky e scritta da Niccolo Ammaniti, Il Miracolo, in Chiamami ancora amore, regia di G. Tavarelli, produzione Indigo-Rai e in Bang Bang Baby, prima produzione Amazon Italia. È protagonista di Asino Vola di Paolo Tripodi e Marcello Fonte. È fondatrice della Compagnia Teatrale Dionisi, e in teatro ha lavorato, tra i molti altri, con Serena Sinigaglia, Veronica Cruciani, Francesco Micheli e Oscar De Summa. Conta preziose collaborazioni con il mondo della letteratura: da John Berger a Suad Amiry e Assia Djebar. Dal 2020 fa parte dell’équipe di ricerca della Fabrique Autonome des Acteurs, a Bataville in Francia.


Giulia Aleandri

Regista, attrice e pedagogista teatrale, laureata all'Alma Mater Studiorium (Bo) e diplomata alla Scuola Internazionale di Teatro (Rm), lavora tra Italia e Francia. Co-fondatrice del collettivo teatrale La Furibunda e referente del progetto internazionale Gabinete - teatro para un espectador. Scopo della sua ricerca è l'intersezionalità e la valorizzazione della frontiera come luogo di incontro. Ha lavorato tra gli altri con Gary Brackett, Harif Ovalle, Merced Productora, Adelita Husni-bey, Teatro Potlach.


Elvira Berarducci

Mi sento un piccolo ibrido teatrale. Posso amare il palcoscenico da ogni angolazione possibile: mi emoziona calpestarlo, sbirciarlo da una quinta, osservarlo dalla regia, goderne dalla platea. Mi appassionano le storie possibili tutt’intorno, le magie di cui si diviene capaci a starci sopra. Il Teatro tutto mi innamora. Per questo ho voluto saperne di più e un giorno mi sono laureata cum laude in Teatro, Cinema, Danza e Arti Digitali presso l’Università La Sapienza di Roma. Ho studiato recitazione con il maestro Claudio De Maglio e poi con artisti come Roberto Latini, Andrea Battistini, Filippo Gili, Jan Klata, Leo Muscato e Giancarlo Sepe. Mi sono diplomata come attrice presso l’Accademia Internazionale di Arte Drammatica del Teatro Quirino di Roma e ho lavorato con registi come Carlo Boso, Matteo Tarasco, Maurizio Panici e Elena Serra. Sono stata assistente alla regia di Gabriele Lavia, Marco Calvani, Fabrizio Arcuri, Industria Indipendente, Valter Malosti e Michela Cescon e dal 2014 collaboro con Federica Rosellini come attrice e aiuto regia.


Smeralda Capizzi

Attrice e autrice di verve comica. Non sa mettere un limite alle sue battute, a meno che non si parli di Viriginia Wolf.  È stata interprete di molti spettacoli del TIDA – Théâtre Danse (dal 2006 al 2019) e insieme a Marco Chenevier si è occupata della direzione artistica della compagnia. È stata co-direttrice artistica di diversi eventi tra cui il Festival "Morg-Ex Machina" (2006-2016), il “Roma Street Art Festival” (2011-2012), la rassegna itinerante “Le marmotte non dormono” (2011-2013) ed è stata co-ideatrice e responsabile di produzione del Festival T*Danse - Danse & Technologie – (2016-2019). Ama il caffè, i bar giusti in cui fare aperitivo e il colore verde. Ha promesso che l’anno prossimo finalmente aprirà il suo account Instagram. 


Benedetta Cassio

Mi chiamo Benedetta Cassio, ho 31 anni e sono nata e cresciuta a Roma. La comunicazione e la sua funzione esistenziale e pedagogica sono sempre state al centro delle mie scelte formative e lavorative: dopo aver studiato la LIS mi sono laureata in insegnamento dell'italiano a stranieri a Siena. Quando la vita, per altre ragioni, mi ha riportata a Roma ho ripreso a studiare recitazione per sopperire ad un brutto periodo e lì ho deciso di convogliare tutte le mie energie e risorse alla realizzazione di un sogno antico: lavorare in teatro. 


Livia De Luca

Nasce a Roma nel 1995. Intraprende il percorso teatrale fin da bambina conseguendo nel 2017 il diploma d’arte drammatica nella scuola di recitazione Teatro Azione. Prende parte a numerosi spettacoli in qualità di attrice tra cui “La contessina Julie” di Strindberg, “Orgia” di Pier Paolo Pasolini, “Maddalè” di Paolo Congi, con cui partecipa nel 2019 al TACT festival di Trieste. Dal 2017 lavora con la compagnia teatro di strada Fenix1530 di Luca Basile. Dal 2018 lavora con la compagnia Versus, fondata insieme ad alcuni colleghi diplomati al Teatro Azione.


Chantal Gori

Attrice romana di 35 anni, si diploma presso la scuola d’arte drammatica “Teatro Azione” diretta da Cristiano Censi e Isabella del Bianco. Fra i vari docenti studia anche con il regista Giancarlo Fares e l’acting coach Francesca Rizzi. Continua il suo percorso formativo con l'intento di affinare gli strumenti corpo e voce attraverso il metodo Mejerchol'd, il metodo Feldenkrais e il metodo Michail Checov. Successivamente continua a formarsi frequentando diversi seminari e workshop con insegnanti e registi quali Maria Consagra, Jean-Paul Denizon, Andrea Baracco, Filippo Gili.

Lavora a Teatro con registi quali Giancarlo Fares, Marco Martinelli della Compagnia delle Albe, Eduardo Ricciardelli, Daniele Nuccetelli. Lavora inoltre per alcune serie tv, cortometraggi e videoclip musicali. Dal 2021 ha iniziato a collaborare con l’acting coach Alessandro Prete.


Giulia Pietrozzini

È autrice, sceneggiatrice e performer. Studia narrativa alla scuola della casa editrice Minimum Fax e sceneggiatura - con borsa di studio - alla scuola dell’Anac Leo Benvenuti. Perfeziona la sua formazione frequentando le masterclass di Cristian Ceresoli, Lucia Calamaro e Letizia Russo. Ottiene il course certificate in Feminism and Social Justice dell’Università della California Santa Cruz. Per il teatro ha scritto Maschere Folli, spettacolo vincitore del bando Yorick Festival del Comune di Roma (2013) e Ippoterapia (2019). Fa parte di Ostudio, progetto di coabitazione artistica. Attenti a come parlate in sua presenza: ci tiene all’utilizzo di un linguaggio inclusivo. In armocromia la sua stagione è l’autunno, quindi si abbina solo coi colori caldi. È invasa dai libri sul suo comodino.