Genova 21 novembre


E' finita così stasera: che tutte sono salite sul palco a ballare e poi si sono sedute sul palco con noi a parlare. Non saremmo mai volute andare via. 

Vi trascriviamo qui la chiacchierata.

Mi ha colpito che ci fosse solo un pubblico femminile. Mi sono detta poi durante lo spettacolo capirò, e invece ancora non ho capito. Perchè credo che sia proprio un'emergenza e un'urgenza che noi ci facciamo far vedere dagli uomini così, altrimenti non ci arriveremo mai, saremo sempre noi più libere e più convinte e loro sempre più chiusi e ignoranti. Sento che è arrivato il momento che soprattutto i ragazzini giovani vedano questo. Quello che ho visto è quello che poi di cui gli uomini si innamorano, quando si innamorano di noi.

Bisogna vedere se succederebbe la stessa cosa se ci fossero degli uomini. Per adesso non è stato così. Le volte che abbiamo fatto questo lavoro davanti al pubblico misto, questa cosa, tutto quello che è successo questa sera, non è successo. 

E allora non ci siamo ancora.

E non ci siamo ancora no. Penso che siamo a quella tappa in cui serve ritrovarsi tra le persone che sentono l'oppressione per riconoscersi e darsi forza, vedere che non sei sola, sentire che non sei sola e magari in altri contesti fare quello che dici tu. Io faccio uno spettacolo in cui sono nuda e in cui mostro tutta la mia potenza davanti a un pubblico misto. Sono aiutata da un un testo e da una partitura molto fissi, non un luogo in cui si richiede la partecipazione attiuva di chi assiste per creare insime la serata. E' uno spettacolo che ha smosso la coscienza anche di tanti uomini, anche i più insospettabili. La partecipazione che richiede questo spettacolo è un'altra. E le volte che si è incontrato con un pubblico misto, non è successo quello che sa far succedere. E poi questo lavoro è nato così, ha la sua storia e la sua identità

Ci hanno raccontato, quando parliamo alla fine degli spettacolo, quando parliamo molte donne ci dicono se ci fosse stato mio marito, mio fratello, un uomo qualsiasi, non mi sarei sentita così libera anche nella visione di certe cose che riguardano noi donne, è come se fossimo davanti a uno specchio: sei come me, mi raccconti delle cose che mi riguardano, e che forse a volte sentiamo sminuite o messe in ridicolo come "cose da donne". È un processo di rispecchiament.

E più importante salvaguardare la condivisione dell'esperienza e la fruizione di questa esperienza. A noi interessa creare questo.

E poi ben venga il momento in cui ci possa essere un'esperienza simile da parte degli uomini, sarebbe bello che loro prendessero in mano le loro vite, e non quelle delle altre. Potrebbero fare questo lavoro che stiamo facendo noi, non gli manca nulla per poterlo fare, potrebbero semplicemente riunirsi e iniziare a parlare.

Penso che ci sia bisogno di una maturazione anche per noi. Perché è vero, noi siamo condizionate dagli uomini, ma noi ci facciamo condizionare. E' giusto che questo lavoro maturi, soprattutto dentro di noi, di modo che dopo possa essere mostrato anche a loro.

Oppure dopo si possono fare altri lavori e questo ha fatto il suo "lavoro". Non si può neanche chiedere tutto a un oggetto artistico che nasce in un certo modo e ha una sua identità. I progetti artistici sono un po' come i figli, vengono un po' come vengono, non è che puoi dirgli devi fare il dottore, farà quello che vuole fare. Questo lavoro è nato per questo, poi magari ne nascerà un altro, come ce ne sono già altri, che avrà un'altra funzione. Ci sono lavori che hanno funzioni pedagogiche, altri che ne hanno una liberatoria, altri dimostraticva. altri esperienziali. Non è neanche detto che siano tappe, che una cosa sia prima e un'altra dopo, c'è un tempo per ogni cosa. In ogni caso mi sembra che in questo momento storico... Ci sono stati altri momenti della storia delle donne durante i quali si praticava il separatismo e ci si prendeva un tempo per guardarsi negli occhi e riconoscere una condizione comune e questo ha portato a un'auto-consapevolezza e quindi alla pretesa di diritti, di spazio nella società. Io trovo che questa cosa per anni si sia persa e che negli ultimi anni si stia riprendendo. E so che è importante praticarla. Inoltre, essendo questo spettacolo un figlio, anzi una figlia, ha scelto da sola che cosa fare. Quando le prime donne sono venute a vedere le prove e ci hanno detto "ma io se avessi avuto accanto un uomo non sarei mai stata così, non mi sarei messa a piangere, non mi sarei messa a rtidere", a noi questa cosa ci ha interrogato. E abbiamo presom una direzione conseguente, ne abbiamo tenuto conto. A me dispiace che sia così, non è che sia contenta, però prendiamo atto, facciamoci qualcosa, andiamo a indagare, andiamo a stimolare un ragionamento sul fatto che se è così vuol dire che non stiamo messi bene. Non stiamo messi bene se dobbiamo separarci per essere libere, non va bene. 

Non siamo ancora libere.

Vabbé degli uomini abbiamo parlato abbastanza.

É importante ripartire da un contesto simile anche come sblocco nostro. Il primo impatto di questo spettacolo, vedervi nude sul palco, è stato strano. E poi con calma la figata è stata che con il corso dello spettacolo si ammorbidisce tutto. Doventa tutto più semplice. Io ho sentito degli step. 

Anche io. Io sono imbarazzata anche della mia nudità. All'inizio è stato così e poi pian piano è diventato tutto bello e familiare. 

E' stato bellissimo.

Una meraviglia.

A me è dispiaciuto che fosse tutto così condivisibile. C'erano tante cose negative e il fatto che le condividessimo, che fossimo tutte così partecipi, mi dispiace. Che dobbiamo condividere tutte queste rotture di coglioni.

Però io ho sentito tanto la condivisione di un divertimento, di una complicità di una gioia. Io ho amato l'inizio, è stato proprio il momento di maggiore doivertimento, ho riso tutto il tempo. E l'abbiamo sentita tutte la potenza della complicità femminile. 

Essere libere di noi stesse, di accettarsi per quello che siamo. Inizia con questa nudità e noi ci diciamo: questo è quello che siamo, questo è quello che rappresentiamo e questo è quello che vogliamo essere. Questo deve essere il significato: essere noi stesse.

Il titolo Svelarsi racconta che non è solo lo svelarsi del corpo ma anche di tutti gli aspetti. Il titolo è perfetto.

Io esco con la gioia, sono proprio felice.

Volevo ringraziare tutte per la dose di sorellanza che mi avete infuso stasera, ne avevo veramente bisogno data la tristezza e il nero di questi giorni, con il femminicidio di Giulia Cecchettin e di Rita stamattina, qui si è accesa come una luce e vi ringrazio. E poi che bello poter usare il femminile esteso senza doversi scusare.

Sul senso di colpa pensavo che in realtà è la sensibilità, è un super potere, lo chiamiamo così perchè lo sviliamo. 

Stasera è come se avessi visto con mano la sorellanza, non ci avevo mai creduto fino in fondo, anche se lotto. E mi serviva, e non me la voglio fare togliere. Credo che se lo vedessero degli uomini avrebbero paura, e forse è anche l'ora che abbiano un po' paura.

Comunque noi nel mondo siamo cattivissime. Ci sosteniamo a vicenda, facciamo queste cose per caricarci e poi dopo...

A un certo punto ho avuto un po' paura.

Che venissimo dà a toglierti i vestiti?

No non di voi. Ho avuto paura perchè io non voglio credere a questa enorme distanza che c'è tra il genere maschile e quello femminile, ho bisogno di credere che c'è qualcosa che ci mette vicini. E a un certo punto ho sentito la paura di essere distanti in questo momento.

Ti capisco. Siamo in un'epoca in cui i generi si toccano moltissimo, in cui la divisione in generi la mettiamo in discussione, in cui abbiamo capito che i generi sono dei costrutti culturali. Solo che questi costrutti hanno una storia. Quello che è diverso non è il genere, è la storia di quel genere, è il vissuto di quel genere, è l'oppressione che ha subito questo genere. E' in questo che siamo diverse, condividiamo una storia che non possiamo far finta che non esista, ce la portiamo dietro tutti i giorni, comunque. Anche io non credo che siamo diversi. Tante cose le potrebbero dire anche degli uomini. Vivono l'oppressione in un altro modo però, dovrebbero raccontarlo loro infatti, in che cosa non sono e non si sentono liberi, io posso intuirlo, ma poi riesco a parlare dell'oppressione che vivo io. E' tutto culturale. Come c'è scritto in un libro che ora non ricordo (Nevada di Imogen Binnie), "se il genere è un costrutto, anche un semaforo lo è, e se lo ignori finisci stirato dalle macchine. Che a loro volta sono dei costrutti". E' una cosa che non possiamo ignorare, non possiamo  ignorarla, ci sono millenni dietro.

A proposito di uomini, ho il marito che mi aspetta fuori. risata

Il momento in cui parlavate delle parti del corpo che non vi piacciono mi sono proprio rivista in voi. Quello che faccio davanti allo specchio, i messaggi che mando alla mia amica. Sono rimatsa terrorizzata, mi sono detta io mi faccio questo, ma perché? 

Mi ha colpito quando avete detto quanto tempo investiamo noi a pensare a queste cose, a come appariamo. Quindi quanto tempo potremmo investire in altro

A fare la rivoluzione

A prendere il potere

Il corpo poi lo fa da solo, non è un caso che stasera siete salite sul palco a fare rumore.

Io volevo ringraziarvi perchè il palcoscenico spesso è uno spazio di intrattenimento e basta, invece questo è uno spazio di lotta che stiamo condividendo. Quanto è importante questo per noi spettatrici che ora siamo qui sul palco ma di solito siamo là, dall'altra parte, sapere che il teatro può essere ancora uno spaizo di lotta.

Volevo solo aggiungere che io faccio da anni uno spettacolo in cui parlo dell'odio verso le mie cosce e da quando lo faccio le mie cosce non sono più un problema. Se si dicono le cose che ci fanno paura, le cose che non ci piacciono, nel momento in cui le diciamo apertamente e non perdiamo più tempo a nasconderle, dopo non ci fanno più paura.

Ci fermiamo qua ma non ci fermiamo. Ognuna di noi ora andrà in giro per la città.














 


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