Genova 22 novembre
E stasera è andata come ieri...
Come siete state?
Benissimo
Anche male
Siamo arrabbiate
Liberatorio
Meglio di una seduta dallo psicologo
Che potenza amplificata. Arriva in tutte le sue sfaccettature la femminilità. La complessità dell’essere donna.
Com’è stato stare solo tra donne?
Bellissimo
Aria pulita
Io ho cominciato a piangere dal momento che siete entrate tutte nude a ballare all’inizio ma senza sapere perché
Anche io
Cioè il mio corpo vi ha viste, così nude, totalmente, dopo mi sono detta forse sto piangendo per questo ma il mio corpo ha detto subito SIIIIIIIII, come se avessi aspettato questo momento tutta la vita, poterci guardare, amare. E voi avete questo passo… ma queste sono tutte pippe dopo. Ma da corpo a corpo ha fatto BAAAAAM!
Noi vorremmo tenervi tutte con noi, non vorremmo mai farvi andare via.
Io l’ho trovato estremamente pulito, nonostante i corpi fossero tutti nudi. Estremamente pulito. Ed era uno specchio di tutte noi. Ogni frase che dicevate, io dicevo in questa mi ci ritrovo, questa sono io. Alla fine, siamo veramente sorelle. E la rabbia che ti viene per il fatto che non riusciamo comunque a far percepire l’unicità di essere donna e di non essere un oggetto per gli uomini. Anche quando lei ci ha fatto piangere per la rabbia, la rabbia c’è, ed è sempre negata, perché non sai che cosa devi fare, non sai cosa fare. Io sono un’insegnante e tento di spiegare ai ragazzi mi raccomando, si parte dalle piccole cose, le parole, se usi una parola nei confronti di una donna, pensaci, di una ragazzina, pensaci. E alle ragazze, pensateci quando usate il vostro corpo per dare risalto a qualcosa che magari siete già senza dovervi mettere in mostra. Ma non per te, perché se lo facessi per te, io sarei la prima. E invece lo fai sempre per compiacere l’altro. E questo non deve accadere. Bello, bellissimo.
Infatti, quello che mi è piaciuto molto stasera era che i vostri corpi erano solo corpi, che fossimo tutte donne ha tolto quello sguardo
Il fatto che fossimo tutte donne ha permesso di creare uno spazio sicuro, libero. Io sono un’autista e respiro mascolinità tutto il giorno, tutti i giorni. Trovarmi qui stasera è stato aria, ossigeno.
Io mi sono trovata in una bolla di condivisione dove mio sono dimenticata di stare guardando uno spettacolo. E sta continuando anche adesso che lo spettacolo è finito. È bellissimo, perché per me nel momento in cui mi dimentico… A un certo punto quando tu stavi ballando, ho detto ma che cosa sto guardando? Cosa sto facendo? Dove mi sto trovando? Me lo sono proprio dimenticato. Questo è un granello d’oro.
Voglio ringraziarvi perché queste sono occasioni che difficilmente cerchiamo ma di cui abbiamo tantissimo bisogno. Il fatto che voi abbiate lavorato così tanto, vi siate date questa possibilità e ce l’abbiate donata, è bellissimo. È stato coraggioso. E sempre più necessario. È una cosa che secondo me a prescindere dal luogo, dal momento che è questo momento, dobbiamo difendere tutto quello che è stato creato questa sera insieme e riprodurlo in altre forme che la quotidianità ci fa dimenticare.
Qualcuna ha un fazzoletto?
Una cosa che a noi ha aiutato è stato il fatto di trovarci. E questo lo possiamo fare tutte sempre: trovare delle compagne di strada, non dare per scontato che ce la dobbiamo fare da sole. Perché poi quello che succede quando siamo da sole è che vediamo le difficoltà come un problema mia: io che non sono abbastanza, non sono adatta, mi sento in colpa perché non faccio abbastanza. Perché poi abbiamo tante aspettative da noi stesse, un senso di inadeguatezza continuo. Dobbiamo essere ottime madri, ottime donne, ottime lavoratrici. Il fatto di rispecchiarsi, sapere che tutte guardiamo gli stessi difetti del nostro corpo, quando poi da fuori non si vedono, tutte ci sentiamo in colpa per le stesse cose, tutte pretendiamo da noi di essere perfette. Vedere questo fa sì che si possa ribaltare il paradigma: forse non sono io che non vado bene, forse è quello che c’è intorno a me che mi chiede qualcosa che non va bene.
Qualche tempo fa ci avrebbero bruciato.
Ci brucerebbero pure adesso.
Infatti, siamo molto pericolose quando siamo insieme. Quello che possiamo lasciare quando andiamo via forse è proprio questo. Io per esempio adesso non vi lascerei andare, ma perché non occupiamo il teatro, rimaniamo qui a dormire tutte insieme? Visto che poi non lo faremo, mi viene da dire: cerchiamoci delle compagne per occupare tanto spazio.
Mi son venute in mente tante persone e mi sono detta perché non gli ho detto di venire stasera?
Non vi nascondiamo che fare questo spettacolo non è stato facile. Per fortuna c’è una di noi un po’ ovunque.
E’ magnifico e meraviglioso che siamo solo donne, perché altrimenti non sarebbe possibile. Però mi chiedevo: perché non sarebbe possibile. Io stoi benissimo, io sto benissimo, non è una critica. Ma la domanda che mi faccio è: non sarebbe possibile provare ad aprirlo agli uomini?
Bisognerebbe fare una selezione all’ingresso.
Purtroppo, abbiamo provato. Abbiamo invitato degli uomini quando facevamo le prove, e non si genera questa cosa. Anzi c’è quello sguardo sessualizzato, che poi lo tiriamo fuori anche noi stesse, viene fuori maggiore competizione. Questa scelta è venuta dal fatto che tante donne che hanno assistito alle prime volte che aprivamo le porte di questo lavoro, ci hanno detto: se avessi avuto accanto mio marito, mio fratello, un altro uomo, non avrei mai reagito così, non mi sarei mai lasciata andare così. Questa cosa non è che ci renda entusiaste, però ci siamo dette qui c’è un problema, andiamo ad indagarlo, insistiamo, continuiamo a incontrare platee solo femminili e vediamo se questa cosa è vera, e ormai possiamo dire che è vera, l’abbiamo visto, e vediamo che domanda provoca in chi la vive. Il fatto che una persona si dica: io ho reagito così ma se ci fosse stato accanto mio marito avrei reagito in un altro modo, ti fai due tre domande. Come siamo nel mondo noi? Come ci portiamo in giro? Siamo così condizionate mentre andiamo in giro per il mondo dal giudizio maschile? L’abbiamo così introiettato dentro di noi che dobbiamo separarci per non avercelo?
Sì
La risposta purtroppo è sì.
Si deve creare un nuovo linguaggio nostro che ancora non abbiamo. Una volta che abbiamo un nuovo codice nostro, le nostre parole, allora da lì possiamo parlare. Ma ancora non sappiamo parlare quella lingua. E così tra noi si crea. Grazie a voi io capisco: è vero, è così. Un giorno, che può essere anche domani, ma sicuramente non oggi, oggi sto ancora così. Va creata questa nuova lingua tra di noi, grazie a noi.
Tutte le persone oppresse hanno bisogno di incontrarsi prima tra di loro e poi andare nel mondo. Non vuol dire che uno non lo faccia contemporaneamente, non è che adesso ci chiudiamo tutte in casa, o tutte qua dentro!
Comunque, sì, ci abbiamo provato a mostrarlo anche agli uomini, ed è stato molto brutto. Abbiamo capito che la cosa importante era proprio questa. Indagare questa cosa qua, rendercene conto e farci qualcosa.
Anche da spettatore lo capisci, che non potrebbe essere la stessa cosa. Ma la domanda me la sono fatta.
Bisogna farsela. Noi periodicamente ce la riponiamo. Non è mai un dato finito. Sono anni che lavoriamo e la mettiamo periodicamente in discussione. Evidentemente, ce lo confermate ogni volta, il tempo non è ancora maturo per. Quello che è importante è salvaguardare questo.
Mi sembra bellissimo. Mi è venuto in mente adesso, prima non ci ho pensato, che mi piacerebbe che i miei figli.... ho due figli maschi.
Per esempio under 14… dovrebbero vederlo i ragazzini piccoli.
Sì, tutti gli
anni, fino ai venti, per una settimana di seguito
E poi voglio vedere!
La personalità si forma fino ai 6 anni, no?
Come si fa in questi lavori, noi mettiamo un semino, come diceva lei un grano, e adesso voi siete tutte inseminate e andate in giro e propagate questa potenza delle donne insieme e vediamo che cosa succede.
E’ un lavoro però continuo, io ho una certa età ehhhhh sono anni che faccio questa cosa qua. Però mi rendo conto an che i nostri vecchi, i nostri a mici, i nostri compagni della nostra età, stanno ancora a barcamenarsi. Eppure gliel’abbiamo spiegato, raccontato, fatto vedere, abbiamo fatto nudismo, abbiamo fatto, abbiamo fatto bugiardini, abbiamo fatto spettacoli. Però c’è sempre questo fatto che i maschi se li togli dalla loro comfort zone, non ce la fanno. Io mi auguro che questo cucciolino (c’era un bimbo di sei mesi in sala) imparerà a vedere le donne come siete, che siete meravigliose, come siamo così con le caviglie, io ce le ho tutte quelle cose, ci tenevo a dirlo. Io c’ho tutto: le caviglie, il sedere, il seno, la pappagorgia, le ginocchia, le braccia. Certi argomenti affrontati e anche altri di cui abbiamo parlato in questi giorni, sulla violenza di genere. Nasce tutto da lì da quello sguardo.
Rispetto alla storia dell’umanità è una cosa recente questa cosa della solidarietà femminile. Gli uomini hanno sempre potuto incontrarsi.
Vuoi dire gli spazi separati?
Sono un centinaio di anni che le donne hanno cominciato a rendersi conto di esistere.
Diciamo che adesso ci incontriamo in un modo più rumoroso. Prima lo facevamo di nascosto.
Noi ci incontriamo in un modo diverso. Con dei codici del corpo e del linguaggio diversi. Siamo state educate in un altro modo.
Io sono contenta che non si sia parlato di uomini questa sera, che non fossero al centro del discorso. Mi piace che per una volta... hanno tanti spazi. Mi piace che si parlasse di noi. Io sono una maestra elementare, le bambine non hanno mai lo spazio di parola, non lo prendono nemmeno. Mi piaceva l’idea di dire, non dico facciamo finta che non esistono però non voglio preoccuparmi del maschile. Che se ne preoccupi un po’ il maschile.
Una cosa che ci dicono spesso gli uomini: ma voi ci dovreste insegnare…
Ancora?
Non ci dobbiamo più occupare, hanno tutti gli strumenti per capire…
A scuola dove insegno le bambine allacciano le giacche ai bambini, per fare più in fretta, certo, 6 anni e li vedi lì che aspettano.
E aspetta
Andare a rompere questi meccanismi è molto difficile.
Io penso che questo spettacolo non abbia avuto tanto una funzione educativa quanto sia stato più uno sfogo. Io personalmente ho pianto dall’inizio fino a due minuti fa. Non credo che se un uomo venisse qui e vedesse questo spettacolo uscirebbe e direbbe: ho capito! Ora ci sono!
Magari bastasse questo spettacolo.
Se ce lo diciamo tra di noi invece c’è una comprensione più profonda e allora poi si crea un momento come questo in cui si può parlare possiamo parlare più che in maniera libera e in maniera compresa per davvero.
E pubblica soprattutto. A me ha fatto effetto vedere rappresentato quello di cui parlo da anni con le mi e colleghe e amiche, E una cosa cose che accomunano tutte, rappresentata sopra a un palco. A me ha fatto effetto. Anche a me ha fatto piangere all’inizio, vedere queste donne nude che ballavano. Anche io ho avuto questa sensazione di spaesamento, ma cosa sto guardando, ma che cos’è? Una terapia, non ci capisco più niente… sono distrutta.
E un tempo di sospensione
troppe emozioni dentro, che cosa sta succedendo?
Questa è la condivisione, esci dal singolare e non sei più nel tuo angolo di “lo vedo solo io”. Questo secondo me è una cosa che io personalmente mi porterò per un bel po’ dietro, tipo strascico.
Sì non è la condivisione con la tua amica, tua sorella
È con una parte di Genova
Scriveteci poi, raccontateci come va questo viaggio nel mondo.
Il problema è che io non ho più voglia di uscire da qua.
Commenti