BOLOGNA - TEATRO DUSE - 13 NOVEMBRE 2024
I nostri corpi in scena sono nudi ma non sono corpi sessualizzati. Sprigionano la loro complessità e semplicità, la loro potenza. Lo sappiamo non solo perché abbiamo fatto in modo che sia così ma soprattutto perché è così che vengono percepiti dalle donne che partecipano al nostro rito collettivo, che diventa il rito di tutte.
Sono corpi che si svelano per come sono, fatti di pelle, muscoli, ossa, peli e capelli.
E proprio il corpo femminile è stato al centro degli interventi di chi è venuta a vedere Svelarsi a Bologna il 13 novembre, al Teatro Duse. Una spettatrice ci ha detto:
“La prima cosa che ho pensato, proprio la prima sensazione che ho avuto vedendovi sulla scena ... è che forse per la prima volta vedi il corpo di una donna e vedi un corpo, cioè punto e basta”.
Un’altra ha condiviso con queste parole il suo pensiero:
“Volevo condividere con voi la fatica che io personalmente nella mia vita sperimento tutti i giorni di far capire al mondo maschile che quando non posso decidere io del mio corpo è perché qualcun altro decide per me”.
Tante le riflessioni che seguono questo intervento, tra le risate e la commozione. Le abbiamo trascritte per lasciarne il segno indelebile non solo nei nostri ricordi, ma in tutte coloro che le leggeranno:
Sarà anche l’effetto scenico delle luci… perché si concentra tutto su queste ombre che si creano sul corpo… però vedi dei corpi. Con delle luci. Fine. Cioè senza quella necessità di levarti prima il pensiero…ah… si vedono i capezzoli… oddio… quella è depilata, quella no… cioè, è inevitabile. Credo che tutte l’abbiamo pensata una cosa del genere. Però non è rimasto quello. È rimasta un’altra cosa che non è semplice… anche io quando mi guardo allo specchio totalmente nuda… mi sessualizzo… cioè mi vedo. E quindi questa cosa, cioè lo scarto, sentire la differenza, è una cosa interessante, perché non è il nudo che vedi… io non ho mai visto uno spettacolo dal vivo con attrici o attori nudi però mi sarei imbarazzata. In questo caso no.
Quando ti guardi allo specchio ti vedi a pezzi. Non ti vedi mai intera. Vedi i pezzi che non vuoi vedere e i pezzi che ti piacciono e io qui all’inizio vi vedevo a pezzi. Vi guardavo e vi vedevo a pezzi. Poi all’improvviso si apre ed eravate tutte me. Ed io ero bellissima e voi pure. Ed è stata una liberazione.
Io risuono delle cose che sono state dette finora, ma risuono fino a un certo punto. Perché siete tutte molto belle, avete tutte dei corpi abbastanza conformi… e quindi in questa rappresentazione manca… mancano dei pezzi. Ciò che esce un po’ dalla conformità di un corpo qua non c’è. Quindi io non riesco a trovarmi totalmente in questo.
Ma non c’è la perfezione nei loro corpi…
SMERALDA (ironica) Ah, no?!
Non sono modelle… non siete modelle patinate. Ognuna ha i propri difetti… la cellulite, le cose… è tutto relativo.
GIULIA P. Ma poi c’è da dire che non sono stati fatti dei provini per fare questo lavoro, viene da un workshop a cui noi abbiamo aderito individualmente…
No, ma non è un’indicazione…è un’osservazione…mi ritrovo nelle parole dette finora, nella libertà, nel guardarsi in un insieme non più a pezzi, nell’assenza del fatto che qua dentro non c’è uno sguardo maschile che quindi libera e che permette questa cosa… nello stesso la mia diversità come spettatrice non arriva totalmente… il mio corpo lì non è rappresentato. Molto semplicemente.
SILVIA per esempio io anche non mi sento completamente rappresentata nel loro corpo di giovani donne. Io ho 50 anni, sono andata in menopausa molto presto quindi tante cose che io ho vissuto con il mio corpo non sono rappresentate qua dentro, ecco. È così. Questo è un po’ il frutto dell’incontro che c’è stato tra di noi. Però una cosa alla quale teniamo è quella di raccontare quanto anche dei corpi apparentemente conformi… noi andiamo sempre sul corpo di Chantal che dice che c’ha il suo bozzetto e noi non lo vediamo e ci sembra veramente perfetta… e quello che ci piace raccontare è che anche il corpo che da fuori sembra il più perfetto in realtà da dentro sembra comunque che non vada bene. Ecco.
CHANTAL Il fatto che anche se c’è un corpo che non ha nulla, magari, da autocriticarsi… però lo facciamo lo stesso. Lo facciamo lo stesso perché c’è sempre questo sguardo esterno, questo sguardo che ci dice che comunque non vai bene. E questo però lo vediamo… io penso che tutte noi qui abbiamo qualcosa che non ci piace di noi. Questo è il problema. Cioè questa è la cosa grave. E siamo sempre lì a dire: “No, non vado bene”. Dovremmo… non lo so. Questo spazio crea una dimensione in cui in questo momento, in questo presente, si crea una riflessione. Poi ovviamente sta ad ognuna di noi uscire e viverci quello che abbiamo esperito, la nostra libertà che abbiamo vissuto qui. Noi tutte le sere ci sentiamo libere…
Tutte voi avete visto circa una settimana fa una ragazza a Teheran, 22 anni, ricercatrice, che camminava nuda. In mezzo alla piazza. Allora io ho pensato a lei. La necessità, come momento di ribellione forte – lei rischia la vita, in questo momento è in psichiatria – però la necessità di voler esprimere il proprio corpo. Una donna che rischia la vita per questa impellenza. E io l’ho sentita lì. L’ho sentita con voi. Chiaramente qua è uno spettacolo, si ride eccetera… però tante donne hanno fatto una lotta di libertà per il proprio corpo e, diciamo, voi l’avete fatto un po’ più ludico, però è un significato molto profondo. Per cui grazie.
Le sfumature. L’ironia. Le sfumature… il fatto che noi adesso viviamo in un mondo dove tutto è polarizzato e tutto è bianco e tutto è nero. E invece non lo è. È molto più complesso e molto più semplice, se vogliamo. E questo è bellissimo perché ci consente di aver un immaginario e una lingua diversa. E la lingua accede a un immaginario e a una possibilità di realtà diversa. E quindi grazie. E un’altra cosa che mi ha colpito tanto è il fatto che teniamo dentro tantissima rabbia. Dentro di noi c’è tantissima rabbia che non trova voce. E quindi grazie. Spero che questo abbia risonanza.
Sì… io… scusate sono un po’ emozionata e spero di riuscire a fare un discorso non troppo confuso… però vi ringrazio tantissimo… e anche alla partecipazione di tutti gli interventi, sono davvero importanti per me… perché volevo condividere con voi la fatica che io personalmente nella mia vita sperimento tutti i giorni di far capire al mondo maschile che quando non posso decidere io del mio corpo è perché qualcun altro decide per me - e mi aggancio a uno dei momenti in cui voi durante lo spettacolo dite, mi sembra tu, Silvia: “se non lo faccio io è perché c’è qualcun altro che sta decidendo per me, no?”. E, anche nello specifico, io ho questa grandissima fortuna e disgrazia nella mia vita che sono cattolica e che quindi sono anche in un mondo in cui questa roba qui è difficilissima da spiegare. Io tutti i giorni mi scontro, e anche molto emotivamente, devo dire, con un abuso di potere - non riesco a trovare altre parole per dirlo - da parte di persone che si sentono di poter definire che cosa io devo fare con il mio corpo. Per quanto sia la sensibilità di ognuna di noi a decidere, per esempio, sull’aborto, sull’eutanasia, sulla propria identità di genere, no? Però, lo ripeto, tutte le volte che non lo faccio io è perché lo fai tu. E questa è una cosa che è lacerante. Quindi vi ringrazio perché è un’occasione per parlarne insieme e, per me, anche per affrontarlo con ironia, che è super importante e voi l’avete fatto con tantissima grazia. E così. Basta.
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