NAPOLI - TEATRO NUOVO - 26 NOVEMBRE 2024

 


“C’è stato un momento, quando abbiamo applaudito alla fine, in cui ho sentito una forte emozione come se ci stessimo omaggiando, come se stessimo in realtà omaggiando tutte le donne, tutte le donne della storia, tutte le donne che soffrono, come se stessimo dicendo “grazie!”

È con questo senso di gratitudine che la musica sfuma, le luci si accendono, noi ci diamo una sistemata (ci rinfiliamo mutande e reggiseno!) e ci sediamo sul palco per parlare finalmente con Voi.  

Il 26 novembre al Teatro Nuovo la pubblica di Napoli ci ha regalato uno dei dibattiti post spettacolo più vivaci e politici di questi tre anni di tournée. Considerazioni accese e profonde.  Riflessioni su come si fa a portare tutto ciò che creiamo ogni sera, Noi e Voi, anche nelle nostre vite private, quando ci salutiamo. Come la docente di sociologia intenzionata a terminare in anticipo la lezione dell’indomani per parlare di quello che è accaduto la sera prima a teatro, quando è andata a vedere lo spettacolo Svelarsi

  • Dobbiamo recuperare la nostra più completa spontaneità. Ma fino in fondo, senza veli, senza ipocrisie e questo voi l’avete trasmesso oggi.


  • Questa cosa dovrebbero vederla gli uomini.


  • SILVIA Degli assenti non si parla.


  • Io stasera ho un nuovo senso di colpa: vedervi così, spogliate, tutto il tempo… io non avrei mai il coraggio... mai il coraggio…


  • SILVIA Be’, però una cosa che abbiamo scoperto sui sensi di colpa è che se li condividiamo e soprattutto se le cose le facciamo insieme, le riusciamo a fare. Allora… noi di solito in questo momento qua lasciamo libere quelle che vogliono andare e però tiriamo anche fuori un telefono per registrare le vostre voci. Va bene se lo facciamo? 


  • LA PUBBLICA TUTTA Siiii.


  • SILVIA Perché stiamo proprio raccogliendo le testimonianze e le scriviamo sul blog… Quelle che vogliono andare se ne vadano via lentamente… piano piano, zitte zitte e continuiamo invece…chi ha voglia. Però invece abbiamo visto tantissime che si sono spogliate questa sera.


  • GIULIA A. Brave! Grazie!


  • Io avevo mia nonna, del secolo scorso, che si spogliava liberamente. In casa nostra non c’è mai stato il tabù della nudità. Ed è una cosa che ha origini lontane. Siamo noi che viviamo di sovrastrutture. Nonna, del 1907, non ne aveva. E quindi per me spogliarmi è normale. Anzi c’ho le mie figlie… in tarda età… “Mamma, ti si vede tutto il pacco…”. “Ma chi se ne fotte!” Perché io, invece, c’ho molto di più radicata la radice della … è un’ipocrisia, perché nel nudo non c’è niente… non solo a livello fisico, ma mettersi a nudo sempre.


  • A me è piaciuto tantissimo lo spettacolo, ma tanto mi è piaciuto, ma proprio tanto, mi è piaciuto...che l’avrei voluto far vedere invece agli uomini. Perché fin quando noi ci diciamo queste cose e prendiamo consapevolezza e siamo convinte di queste cose, se vogliamo cambiarle le cose, non cambieremo mai così. Perché questa cosa per esempio, immagina degli uomini stasera, all’inizio rimangono colpiti, forse traumatizzati, eccitati addirittura, no? Da queste belle donne nude, ma dopo 5 minuti, 10 minuti, 20 minuti... scatta qualcosa. Quindi la nudità ti fa capire che è una condizione naturale e che bisogna andare oltre questa cosa. Quindi la dimensione dell’essere umano esce fuori, con tutte le fragilità e le proprie manchevolezze che sia da una parte che dall’altra ci sono. Io mi sono stancata di fare queste due parti... io mi sento uomo e mi sento donna e penso che anche gli uomini si sentano, anche molto, donne. Quindi noi dobbiamo cercare di rammendare questa frattura che è una frattura culturale, non è una frattura naturale. Quindi questo è uno spettacolo che voi avete il dovere… 


  • SILVIA No, il “dovere” no…

  • Il dovere. Sai perché? Perché questo è uno spettacolo che educa.

  • SILVIA Ma basta, educare gli uomini! Scusate, io non volevo rispondere, però… Basta! Ma vuoi che queste cose non le vedano da anni, anni! queste cose le sanno! Le sanno!


  • Questa è una nota stonata. L’uomo qui è una cosa stonata. Già nominarlo, qui l'uomo non ci azzecca niente.



  • SMERALDA Infatti noi diciamo sempre: “Non parliamo degli assenti”. Perché questa cosa riguarda noi, e basta. 


  • Riguarda noi. È il nostro mondo e basta.


  • SILVIA Noi lavoriamo sostenendo iniziative di uomini che stanno avvenendo adesso – i cerchi di uomini, ci sono degli spettacoli, dei laboratori che stanno nascendo sul maschile –. Se parliamo di dovere, gli uomini "devono" iniziare a interrogarsi sui loro corpi e su quanto il patriarcato faccia effetto sui loro corpi, li costringa a comportarsi in certi modi, così come a noi costringe a comportarci in certi modi. Perché come costringe noi a comportarci, lo sanno, lo vedono, glielo raccontiamo già da un sacco di tempo – diciamo poi dagli anni ’70, veramente un sacco. Se vogliono le cose possono saperle: hanno delle compagne, hanno delle figlie, hanno delle sorelle… ci sono dei film, ci sono dei libri. A me sembra che il lavoro di cura, educativo anche, l’abbiamo fatto tanto. Quello che non funziona in questa frattura culturale di cui tu parli, sulla quale sono profondamente d’accordo, è che si è ragionato molto sull’effetto che fa sul corpo femminile, questa oppressione, ma non si è ancora ragionato sull’effetto che fa sul corpo maschile. E perché? Perché ci sono più difficoltà a farlo collettivamente, perché ci sono vergogne… perché quando sei in una posizione di potere è molto più difficile andarlo a decostruire… quindi sicuramente questa cosa qua adesso... va sostenuto il fatto che si faccia… ma che se lo facciano!


  • Basta crocerossine degli uomini. Non ci rompessero…


  • Oggi mi ritrovavo a parlare di questa cosa con un mio collega perché chiaramente tocca la vita maschiocentrica… “Allora noi non siamo invitati… voi volete la parità, però…”. E io quello che cercavo di spiegargli è… non sapendo ancora cosa sarebbe successo, però anche l’importanza di mantenere una dimensione rituale perché tutto quello che mi è sembrato è stato veramente… penso alle Noches de chichas o a delle cose anche legate alla cultura sudamericana… che fanno parte di quei riti che guariscono una ferita, che è già in corso. Non hanno quell’obiettivo di educare o mandare un messaggio. C'è questa condivisione per dirci delle cose... chiaramente io sto condividendo questa cosa perché se no mi sentirei in colpa. 


  • Volevo fare questa filippica per ringraziarvi… è stato un momento rituale veramente nel senso di “cura”.


  • Il senso di colpa della cellulite! L’eterno universale senso di colpa della cellulite!


  • SMERALDA È tra le invasioni: “Mi sento invasa dalla cellulite…”


  • SILVIA…che ancora non ho capito perché devo odiare”.


  • Io volevo dirvi grazie, per un percorso che spero molte di noi abbiano iniziato. Io ho due figlie, la più grande ha 15 anni e ho pensato che forse questo spettacolo l’avrebbe aiutata molto in questa fase della sua vita in cui ogni pezzettino del suo corpo non va bene e quindi ho pensato chissà se sarà una donna diversa, con degli input diversi, con delle condivisioni diverse... io come mamma me lo auguro. E poi volevo dirvi che c’è stato un momento quando abbiamo applaudito alla fine, io ho sentito una forte emozione come se ci stessimo omaggiando, però come se stessimo in realtà omaggiando tutte le donne, tutte le donne della storia, tutte le donne che soffrono, come se stessimo dicendo “grazie!” Un’energia di omaggio nella storia e geograficamente... questa cosa è stata forte.


  • Mo che hai detto questa cosa mi è venuto in mente - nei sensi di colpa, quando si parlava delle donne non fortunate - il fatto che molte donne dell’Africa portano l’acqua e invece noi sprechiamo l’acqua. Quindi un altro senso di colpa che c’ho, sempre, è quando spreco l’acqua e mi immagino sempre la donna che fa chilometri e chilometri con questi pesi sulla testa per trasportare l’acqua.


  • Invece io penso che il vostro spettacolo sia un privilegio per noi che lo abbiamo potuto vivere: donne, occidentali, bianche, acculturate e che nonostante questo privilegio, di cui non mi sento in colpa, questo è anche un omaggio a tutte quelle che non lo possono fare. La vostra liberazione, la nudità intorno a cui ha girato nei secoli il mondo per condannarla per farla diventare oggetto o reificazione è negata alle donne di altre parti del mondo. E lo so che qui dentro non possiamo fare quasi nulla per quelle, però avere dentro la sensazione che è un’energia, una necessità… E questo mondo occidentale che porta tanto male, che porta tanti valori negativi, ha anche la possibilità di riflettere su questa cosa. Lo so che non compensa ma, in qualche modo, è un pezzo di riscatto che non arriverà alle iraniane, alle afghane, ma forse alle ragazze giovani si. Vi racconto una cosa mia che forse non vi serve. Il vostro spettacolo si inserisce in una settimana che è stata tutta, casualmente, fatta di queste cose. Io insegno, e stamattina ho stravolto la mia lezione perché ieri sono stata veramente turbata e arrabbiata, come voi, alle affermazioni della premier sulla relazione tra violenza sulle donne e immigrazione basata su dati che sono falsi. Io insegno Sociologia del Lavoro, mi occupo dati, maneggio dati. Allora stamattina ho detto alle ragazze e ai ragazzi che la lezione di oggi saltava e facevamo lezione su quella frase, sullo smontare quella frase, come dire… spogliarla. Perché non c’era un pezzo di quella frase, né detta in italiano – perché era un italiano sbagliato – ma peggio ancora dentro i contenuti, perché non c’è un dato in Italia che sia corrispondente. E da lì è partita una discussione che è durata due ore con queste ragazze e questi ragazzi splendidi che è arrivata anche a “le donne”, “il corpo”, “la liberazione” e io gli ho raccontati di quando negli anni ‘70 noi facevamo i seminari di autocoscienza e gli uomini restavano fuori. E loro stessi, soprattutto i ragazzi, che provano a crescere insieme alle ragazze e fanno più fatica e se lo chiedevano… loro gli hanno chiesto perché non fanno seminari di autocoscienza tra ragazzi. Perché devono essere loro. Per me chiudete un cerchio. Sento che c’è questa ricchezza… Domani mattina gli racconterò e dirò loro: “Facciamo ancora mezza lezione ma vi devo raccontare…”.







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