ROMA - TEATRO AMBRA JOVINELLI - 25 NOVEMBRE 2024
Ambra Jovinelli, Roma. Casa per molte di noi. In un giorno importante, il 25 novembre, la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Visi conosciuti che tornano a trovarci con le amiche, le sorelle, le mamme, le figlie. Sguardi che incrociamo per la prima volta. Emozione, sorellanza. Ma non solo.
Un momento particolarmente intenso fa parte di Svelarsi, uno di quelli in cui si smette di ridere e si diventa serie. È quando i nostri sensi di colpa si trasformano in rabbia. La rabbia perché “ci sono ancora troppe donne che muoiono per mano di un uomo”. E no, questo non lo accettiamo.
Non lo accetteremo mai.
Sono state tante le parole delle spettatrici e delle amiche, tante che si capiva che non volevamo separarci, volevamo restare lì insieme, al sicuro.
Eccole qui per chiunque vorrà leggerle:
SILVIA Vorremmo che voi parlaste, che foste voi a dirci: come siete state… Che pensieri avete avuto… che sensazioni avete avuto, che viaggi avete fatto – se avete fatto un viaggio – se era un viaggio nuovo, se era un viaggio che conoscevate…
Io prendo la parola. Me metto qua, così mi sentite. La cosa più grossa che m’è uscita fuori, alla fine, era la commozione. Mi veniva un casino da piangere. Infatti quando stavate tutte a ballà, a me nun me veniva da ballà, mi veniva da piangere. E allora mi domandavo: ma che cos’è ‘sta commozione, così forte, no? Ed era…la cosa più forte era… questa sensazione infinita di potenza.
Io c'avevo un senso di scardinamento e quindi anche una grande connessione agli anni del femminismo, alla fine degli anni 70, alle cose vissute. Ecco, io mi son trovata come in una…i vecchi gruppi d'autocoscienza allargati, ma col senso di oggi. Col senso di oggi, cioè che c'è passata tantissima storia in mezzo a un sacco di…Altre cose sono state pensate, no? E la sensazione di una profonda condivisione. Quando quello sui sensi di colpa secondo me è stato proprio un climax. Lo trovavo così…Profondamente vero. Quando uscivano quelle in cui alzavamo le mani praticamente tutte, no? Che erano quelle sul non dare aiuto, quelle proprio tipiche. E questo sentire, l'alzare le mani delle altre, qua in platea insieme, questo era potentissimo. Cioè, è trasformativo. Quello che voi avete fatto, che fate insieme alle persone che invitate, alle donne che invitate a condividere, è un'azione trasformativa, cioè quelle azioni che si fanno insieme quando si pensa e si mettono i contenuti insieme. Io non sono la stessa di quando sono entrata prima, non siamo mai le stesse, ma sono un po' più diversa.
Io sono venuta lo scorso anno, eravamo al Pigneto, e mi ricordo che sono uscita da là che avevo un'energia addosso pazzesca, chiamavo la mia amica e gli dico: Silvia io sto in botta d’adrenalina, non puoi capire che cosa ho visto, sorellanza pazzesca, una roba viscerale, mi sentivo male che lei non ci fosse e oggi, 25 novembre, … l’ho portata, ho portato anche la mamma.
Meno male che non avete fatto domande su mamme e figlie presenti perché mi sarei nascosta.
Io volevo ringraziarvi tantissimo. Il biglietto mi è stato regalato e ho capito perché dopo due minuti che eravamo dentro. E…ho pensato a un sacco di cose. La prima, tutto il tempo è stata: se avessi visto questo spettacolo anni fa, sicuramente la mia relazione con me stessa, con le altre persone, il mio percorso di decostruzione femminista, sarebbe stato diverso. Probabilmente avrebbe dato un'ottima spinta anche al mio percorso in psicoterapia, per un sacco di cose, soprattutto legate al corpo. E ho pensato a quanto sarebbe meraviglioso, io sono insegnante, quanto sarebbe meraviglioso far vedere questo spettacolo alle mie alunne. Io sono in una scuola primaria e ho pensato a tutte quelle che ho avuto e che poi negli anni mi hanno riscritto da adolescenti, quanto vorrei che fossero state qua e che venissero qui in futuro o quando insomma rifarete lo spettacolo. E poi a livello identitario una cosa molto particolare, io sono una persona non binaria, ho sempre avuto difficoltà a sentirmi parte del gruppo di donne, quindi è sempre stata una cosa tipo, le donne sono, le donne vengono e anche da piccola avevo fatica a dire “noi”. E invece questo senso comunitario qui l’ho sentito tantissimo e ho sentito tanto la critica alla struttura dello sguardo esterno che, siccome ti vede come donna allora…
Mentre spesso, soprattutto in occasioni, tipo il 25 novembre, occasioni che spesso rimandano a un genere, si tende a dire: valorizziamo il fatto che siccome siamo donne allora siamo. Invece qua c’era proprio: ognuna, ogni persona, ogni corpo è diverso e quello che ci accomuna è il fatto di essere una collettività. Quindi lontano dalle logiche naturale/culturale e quindi mi è piaciuto tantissimo, veramente grazie.
Io sarò veramente brevissima. Vi ringrazio. Sono venuta da sola stasera, ci tenevo ad essere da sola, non mi sono mai sentita sola. Neanche un secondo ed è stato bellissimo, è stato bello quello che mi avete dato e la cosa più bella che mi rimane è il desiderio di voler rivivere nuovamente una situazione del genere, ma anche di volerla creare nel mio piccolo, nel mio ambiente, nella mia situazione, nella mia comfort zone o anche al di fuori di quella. Quindi, grazie, siete bravissime veramente.
Ciao, sono Elena, condivido quello che ha detto lei perché anch'io sono da sola e vado molto spesso a teatro da sola. Però questa è la prima volta che mi capita di non essere sola, perché non è un sentirsi, cioè è proprio che io non sono sola questa sera e la cosa che ha fatto proprio centro più di tutto è che io sono un'aspirante attrice e lo voglio da quando ero molto piccola. E uno dei motivi per cui mi sto frenando è che quando avevo 15 anni un maschio mi ha detto che se volevo fare l'attrice dovevo essere più sexy. Io avevo 15 anni. Non potevo. E oggi invece, vi ripeto, io vado a teatro tante volte, comunque continuo a farlo, però poi non ho il coraggio di buttarmi come vorrei e mi sento in colpa per questo, mi sento dannatamente in colpa per questo, perché so che sono qui a Roma, io non sono di Roma, sono di Venezia, e sono venuta a Roma per fare l'attrice. Sono quattro anni che sono qui e che non faccio niente perché quelle parole mi rimbombano nella testa. Ma io adesso che ho visto questa cosa mi dicono no, io posso farlo perché voglio farlo.
SILVIA A quante attrici che sono qua è stato detto che dovevano essere più sexy?
in molte alzano la mano
Io è la prima volta che sono in uno spazio…Intanto grazie. Sono in uno spazio di sole donne, cioè solo femminile, cioè dove c'è molto… prima, uno dei posti che definivo uno dei miei posti preferiti era il bagno dei club techno. È sempre stato un luogo magico perché tu andavi da sola. Magari io andavo a ballare con molti miei amici maschi, poi andavo da sola al bagno, anche se molta gente era fatta, altra molto ubriaca, c'era questa sensazione di aiuto costante, cioè c’era quella che andava dalle ragazze pippatissime a fare i massaggi al naso. Oppure quella con l’occhio così e le ragazze le dicevano: sei bellissima! E quello per me è sempre stato uno dei luoghi più belli. E quindi nell'istante in cui sono entrata ho risentito quella cosa
Ciao. La parte che mi è arrivata proprio come un pugno nello stomaco è stata la parte delle torture che ci auto-infliggiamo. Io ho quasi 40 anni, no, penso che siamo tutte più o meno coetanee. Adesso si parla di body positive, si parla di accettazione del proprio corpo. Io ho vissuto un’adolescenza dove tutte le mie amiche avevano un disturbo alimentare dove non eri mai abbastanza bella e tu, anche se arrivano tutti questi messaggi positivi e arrivi ad accettarti dopo tanto tempo e ti senti in colpa per come ti sei sentita, per come ti hanno fatto sentire. E poi come cambia proprio l'evoluzione di come veniamo giudicate. Perché prima venivamo giudicate perché non eravamo troppo magre, non eravamo troppo grasse, adesso siamo arrivati a una forma di giudizio superiore a quello del nostro corpo perché il livello si è alzato, purtroppo. Adesso ci giudicano perché non siamo madri, perché non siamo lavoratrici madri, perché siamo lavoratrici… Cioè è tutto un costante giudizio e con un semplice Domopak, che è quello della cellulite, che tutte hanno provato disperatamente con i fanghi Guam. A me questa cosa mi ha fatto veramente capire, mi è arrivata tantissimo. E adesso dirò una cosa impopolare ma io la penso, secondo me questo spettacolo è una sorellanza bellissima, io l’ho provata dal parcheggio, però secondo me in parte, anche in video, andrebbe fatto vedere agli uomini, perché non lo sanno come ci sentiamo. E secondo me è proprio una forma educativa, oltre che… perché dietro a quella piastra, dietro a tutto quello che ci imponiamo, c'è tutto un trascorso dentro, tutto un mondo, e questo è quello che penso, grazie.
Vorrei ringraziarvi anch'io per questo spazio che avete creato qua e che veramente avete creato un'atmosfera bellissima e così forte che io spero che tutte portiamo fuori questa potenza alle nostre vite quotidiane, al nostro lavoro e così siamo tutti, non so come si dice in italiano, diventiamo una per l'altra un “ally”.
Alleato.
Grazie, non sono italiana. Questo è molto importante perché non deve finire, non deve finire qua, deve, deve diventare, perché la società non è, non è loro e noi siamo qua tra di noi, 15 persone, siamo anche noi parte di questo. Questo mondo lo creiamo, lo creiamo insieme a loro, ma anche insieme a noi. E abbiamo questa potenza, quella che avete mostrato voi che è stato uno spettacolo veramente così forte e io vi lascio con questa speranza che portiamo qualcosa fuori, domani, al lavoro per strada o quando succede una cosa un'altra, perché purtroppo ci sono tante cose, ogni giorno, e proprio oggi è il giorno per questo, quindi, speriamo bene.
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